Maison Écrivez-nous !  

Société

Textes

Images

Musiques

  Pierre Bourdieu

 
   

sociologue énervant

 
   

 

Décès de Pierre Bourdieu :(
 

 
   

 


Pierre Bourdieu

 Bourdieu, e l'intellettuale
 tornò organico.




E' morto a 71 anni il sociologo francese: per lui studiare la società voleva dire cambiarla. ANNA TITO, L'Unita', 25 GENNAIO 2002.

 


 

C onsiderare, al giorno d'oggi, l'opera, il pensiero e le teorie di Pierre Bourdieu equivale a infilare due dita in una presa elettrica: se ne può uscire illuminati o carbonizzati», scriveva un paio d'anni orsono il Magazine Littéraire in apertura del dossier dedicato al grande studioso. «Lo si può definire un intellettuale dominante?»

Figura controversa, senza alcun dubbio, quella di Bourdieu. Tuttavia all'unanimità lo si considera fra gli intellettuali francesi più influenti degli ultimi anni e, insieme con Jacques Derrida fra i più citati e i più tradotti nel mondo: trattando di svariati argomenti - dai costumi dei berberi della Cabiria al lavoro in Algeria, agli studenti e ai loro studi, alla sociologia della cultura e dell'educazione, alla linguistica e all'arte moderna - ha rilanciato la figura dell'intellettuale organico, o impegnato, mettendo le sue conoscenze al servizio del «sociale». Alla sociologia non spetta soltanto spiegare le strutture della società, ma contribuire a cambiare il mondo. Insomma, non basta aggiornare la rappresentazione che hanno gli individui delle strutture della società, ma agire su queste rappresentazioni stesse. «Gli intellettuali non possono più soltanto analizzare e denunciare, ma affermare la loro appartenenza a un campo specifico, indipendente dal politico e dall'economico». Controcorrente quindi, ben lungi dal proclamare la fine degli intellettuali, Bourdieu si è appellato a un impegno «internazionale, interdisciplinare e collettivo». E' stato studioso e militante al tempo stesso.

La sociologia di Bourdieu può dirsi innovativa in quanto propone «un modo non consueto di studiare il mondo sociale» attribuendo un ruolo non poco rilevante alle strutture simboliche. E questa volontà di «superare le false antinomie» della tradizione sociologica - tra interpretazione e spiegazione, fra struttura e storia, fra libertà e determinismo, fra soggettivismo e oggettivismo che rendono originali le sue opere. In Le sens pratique (1980), spiegò ciò che riteneva fosse il compito del sociologo: dare a vedere che vi è di nascosto in queste strutture, insomma dimostrare che la società non è mai trasparente come si crede.

Far parlare gli algerini fin da Travail et travailleurs en Algérie (1963), gli emarginati francesi in La misère du monde (1993), sostenere gli scioperanti del dicembre 1995, significa per Bourdieu comprendere la logica sociale immergendosi nella particolarità empirica e significa tentare di trasformarla. E in questa logica ha sostenuto Solidarnosc, gli studenti nel 1986, gli accordi di pace per la Nuova Caledonia nel 1988, gli intellettuali algerini perseguitati dagli integralisti.

Negli ambienti accademici lo si conobbe nel 1964, allorché, in collaborazione con Jean-Claude Passeron, pubblicò Les héritiers. Les étudiants et la culture: ben quattro anni prima del maggio '68, criticò duramente l'insegnamento superiore in Francia, il sistema scolastico e universitario chiuso ed «elitario». Intendeva per gli héritiers i figli delle élites. Sull'incapacità di garantire il ricambio tornò nel 1990, sempre con Passeron, in La reproduction. Eléments pour une théorie du système d'enseignement.

Negli anni '90 tentò di portare all'attenzione delle cronache il movimento sociale e di incarnare quella che per lui era «una sinistra di sinistra», contro il neoliberismo, che rifiutasse i compromessi consentiti, a suo avviso, dal Partito socialista, la «blairizzazione» della sinistra al governo. Contro il silenzio dei politici, chiamò a mobilitazione gli intellettuali: «Intendo difendere la possibilità e la necessità di un intellettuale critico» spiegò. Poiché «non vi è vera democrazia senza un reale contropotere critico. E questo è l'intellettuale». E nella rivista da lui fondata, Actes de la recherche en sciences sociales, fu passata al setaccio l'innocenza degli intellettuali e degli scrittori, e i loro fatti e gesta ricollocati nei rispettivi interessi individuali.

Alla battaglia contro il neo­liberismo Bourdieu aveva dedicato tutte le sue energie, attaccando i mass-media, che riteneva sottomessi a una crescente logica commerciale e ai quali rimproverava di dare la parola a «saggisti chiacchieroni e incompetenti». In uno dei suoi ultimi interventi, nel 1999, si era rivolto ai responsabili dei grandi gruppi di comunicazione: «questo potere simbolico che, nella maggior parte delle società, era distinto dal potere politico ed economico, è adesso tutto insieme nelle mani delle stesse persone, che detengono il controllo dei grandi gruppi di comunicazione, cioè dell'insieme degli strumenti di produzione e di diffusione dei beni culturali».

Per dare spazio a voci denuncianti il liberismo e la corruzione dei mass-media aveva fondato nel 1996 L'Associazione «Liber/Raisons d'agir», che pubblicava volumi socialmente impegnati. Sur la télévision, primo testo apparso, metteva in evidenza i meccanismi della censura invisibile esercitata sul piccolo schermo, analizzava i procedimenti di fabbricazione delle immagini e dei discorsi televisivi, e spiegava anche la maniera in cui la logica dell'audience ha alterato le diverse sfere della produzione culturale.

Ancora nel 1998, mentre appariva La domination masculine, - ispirato al racconto di Virginia Wolf Passeggiata al faro, in cui torna sul rapporto uomo-donna, tentando di esplorare le «strutture simboliche di quell'inconscio androcentrico che sopravvive al giorno d'oggi negli uomini e nelle donne».- sosteneva la causa dei disoccupati e, in un intervento all'Ecole Normale Supérieure della rue d'Ulm, definì: «Il movimento dei disoccupati un miracolo sociale».
   

 

Pierre Bourdieu

       
 

   
maison   société   textes   images   musiques